Il Sauvignon Blanc è una brutta bestia, perché risulta molto riconoscibile, ma al di là dei cloni che vengono utilizzati subisce parecchio, in positivo s’intende, le inflessioni dei terreni su cui è piantato. Le sensazioni che poi trasmette al vino in cui il Sauvignon entra a far parte sono molto diverse. Tralasciando le note di asparago, dovute a grappoli spesso poco maturi e alla pipì di gatto, più favola che realtà, il Sauvignon Blanc è balsamico, agrumato, alle volte tropicale, piuttosto spesso asciutto e sapido. Il Sauvignon di Pouilly spesso enfatizza un suo profilo salato, in virtù di molti aspetti, compresa la natura dei terreni su cui cresce. A Saint Andelain, casa del domaine Lebrun, i 9 ettari di vigna dell’azienda sono in gran parte piantati su silex e argilla. Laurent Lebrun da anni alla guida di questa cantina ha deciso che tutti i suoi sforzi dovessero basarsi sull’estrarre tutto il potenziale proveniente dall’iterazione di piante vecchie di Sauvignon (oltre 25 anni) con i suoi terreni. Per non coprire questa liason creata in vigna, in cantina il domaine si limita all’utilizzo di acciaio e a lunghe soste sulle fecce fini.