Un po’ internazionale, un po’ solidale, persino local. Partiamo dal fondo, anche se in realtà è l’inizio: il nome dell’azienda. Verha in arbëreshë, dialetto locale che fa parte della macro-lingua albanese, significa ‘il vino’. Quello comune, ma diretto, schietto, quotidiano, immediato e, cosa non da poco, buono. Nella zona dove ha sede la cantina di Elena Fucci esistono e resistono tanti piccoli produttori, in molti casi amici del nonno di Elena, Generoso, che negli anni, non volendo svendere i frutti delle proprie viti alle cantine sociali o ad altri compratori non del luogo, hanno proposto alla famiglia di Elena le proprie uve. Lei impegnata nel consolidare un progetto che voleva far riferimento solamente a grappoli di proprietà, non le aveva mai considerate. Gli anni del covid fanno cambiare le cose. Proprio il marito di Elena, Andrea, decide di acquistare le uve dei vicini in quei momenti totalmente sprovvisti di acquirenti. All’epoca Elena era in un tour commerciale oltreoceano. Al suo ritorno a casa tuttavia comprende che la decisione del marito non era commerciale, bensì sociale, in quanto legata alla sopravvivenza dei vicini di vigna e di un territorio già poco abitato e a forte rischio di ulteriore abbandono. Da qui nasce Verha Wines che utilizza solo vitigni locali e li declina, mediante il solo strumento dell’acciaio, restituendo tutta l’immediatezza e la veracità delle varietà locali e di un terroir unico come quello del Vulture.
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